Ma quanto è veramente efficace la dieta chetogena per l’epilessia?

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LA NOSTRA STORIA CON LA DIETA CHETOGENA

Quando i medici ci hanno proposto la dieta chetogena per nostro figlio, avevamo già provato tutti i principali farmaci. Nulla fino a quel momento era stato in grado anche solo di diminuire la frequenza e l’intensità delle crisi. Cinque, sei, anche dieci ogni giorno. In quel momento non ci siamo neppure chiesti quante probabilità avessimo di riuscire. Sapevamo che avremmo dovuto rivoluzionare la nostra vita, ma non avevamo alternative, e quindi non abbiamo avuto dubbi. “Proviamo, ce la mettiamo tutta. Passiamo le nostre notti a studiare, a calcolare, cucinare. E se dopo tre mesi non funziona, possiamo sempre tornare a una dieta normale”. Le cose sono andate meglio di quanto avremmo mai osato sperare: dopo solo un mese dall’inizio della dieta siamo riusciti ad ottenere il controllo delle crisi e ora, a distanza di un anno e mezzo, abbiamo potuto diminuire sensibilmente anche i farmaci. Ma il nostro è un caso isolato, oppure questa dieta può essere veramente efficace e utile per tante altre famiglie?

QUALCHE DATO SULLE EPILESSIE FARMACORESISTENTI

Si stima che in Italia ci siano un totale di circa 500.000 casi di epilessia, un esercito di cui si parla poco. Alcune forme benigne di epilessia si risolvono con la crescita, altre sono controllate in modo soddisfacente attraverso i farmaci, altre ancora possono essere affrontate con la neurochirurgia. Ma c’è un mondo di cui si parla ancora meno, ed è quello delle epilessie resistenti ai farmaci. E non sono piccoli numeri: in circa il 30% dei casi, le medicine non sono in grado di controllare le crisi. E’ una percentuale altissima, che la diffusione di nuovi farmaci non è riuscita a ridurre.

GLI STUDI SCIENTIFICI SULLA DIETA CHETOGENA PER L’EPILESSIA

Originariamente sviluppata negli anni ’20, la dieta chetogena si è rivelata da subito efficace nel controllo delle crisi, proprio in quei casi che non rispondono alle terapie farmacologiche. Dopo essere stata abbandonata in favore dei nuovi farmaci antiepilettici che venivano man mano resi disponibili, a partire dagli anni ’90 la dieta è tornata al centro dell’interesse della comunità scientifica. Numerosi studi ne hanno dimostrato l’efficacia, contribuendo alla sua diffusione negli ospedali di tutto il mondo. Il primo importante studio realizzato negli Stati Uniti su 150 bambini tra gli 1 e i 16 anni con epilessia farmacoresistente riporta che senza modificare i farmaci, dopo soli tre mesi il 34% aveva avuto una diminuzione di oltre il 90% delle crisi.[1]

Un altro studio essenziale per la dimostrazione dell’efficacia della dieta chetogena perché realizzato con un gruppo di controllo, è stato fatto in Inghilterra nel 2008[2]. In questo caso 150 bambini tra i 2 e i 16 anni con epilessia farmacoresistente erano divisi in due gruppi, il gruppo di controllo iniziava la dieta tre mesi dopo l’altro. Dopo solo 3 mesi il 38% dei bambini che avevano iniziato la dieta aveva avuto una riduzione di oltre il 50% delle crisi, rispetto al 6% del gruppo di controllo.

Per brevità ho riportato i dati relativi alla risposta nei primi tre mesi, i dati completi sono disponibili ai link riportati sotto.

Non siamo a conoscenza di studi specifici sull’applicazione della dieta chetogena negli adulti, ma negli Stati Uniti e in Inghilterra la dieta, nella sua variante “Dieta Atkins Modificata”, viene prescritta anche agli adulti.

LA LEGGE DELL’EFFICACIA DECRESCENTE DEI FARMACI E LA DIETA CHETOGENA COME OPPORTUNITA’

Per capire cosa significhino queste percentuali per chi ha già provato diversi farmaci senza riuscire a controllare le crisi, riporto i dati di un altro studio sull’epilessia refrattaria che dimostra come dopo il primo farmaco, la percentuale di efficacia decresca in modo significativo[3]. Su 470 pazienti che non avevano ancora ricevuto un trattamento per l’epilessia. Il 47% dei pazienti aveva ottenuto il controllo delle crisi dopo il primo farmaco. Solo il 14% dei pazienti aveva ottenuto il controllo delle crisi con il secondo o terzo farmaco, e il 3% dalla combinazione di due farmaci.

Questo significa che dopo aver provato diversi farmaci, la percentuale di successo con il farmaco successivo, si riduce moltissimo. La dieta chetogena, se fatta correttamente, riapre invece una possibilità concreta per chi – farmacoresistente – avrebbe pochissime possibilità di raggiungere il controllo delle crisi.

Per questo, anche in Italia dovremmo fare di più per rendere la dieta chetogena disponibile per tutti quei bambini che potrebbero averne bisogno.

[1] “The efficacy of the ketogenic diet—1998: a prospective evaluation of intervention in 150 children” di John M. Freeman, Eileen P. G. Vining, Diana J. Pillas, Paula L. Pyzik, Jane C. Casey, LCSW; and Millicent T. Kelly http://pediatrics.aappublications.org/content/102/6/1358.short

[2] “The ketogenic diet for the treatment of childhood epilepsy: a randomised controlled trial” – 2008 di Elizabeth G. Neal, Hannah Chaffe, Ruby H. Schwartz, Margaret S. Lawson, Nicole Edwards, Geogianna Fitzsimmons, Andrea Whitney, J. Helen Cross http://www.gutbrainaxis.org/pdf/cross%20paper%20KD%20vs%20AEDs.pdf

[3] “Early identification of refractory epilepsy” di Kwan P., Brodie MJ. http://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJM200002033420503

 

 



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Ketogourmet esce dalla rete e va all’Expo!

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Qualche giorno fa siamo stati ad Expo a parlare di dieta chetogena per l’epilessia al convegno “Treat-Eat il cibo come terapia” organizzato dall’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù.

FronteRetro

In occasione della nostra partecipazione al convegno, il sito del Bambin Gesù “Nutrire la vita”, ha pubblicato un articolo con la nostra storia che trovate al link nutrire la vita.

L’interesse verso questa terapia cresce. Se ne parla ai convegni, sempre di più sono i bambini che iniziano la dieta chetogena nei reparti di neurologia di tutta Italia. Ma c’è ancora molto da fare.

La dieta chetogena è una cura validata scientificamente, prescritta in tutti i principali ospedali pediatrici del mondo. Una dieta però ancora poco diffusa in Italia, nonostante la sua provata efficacia nel 60% dei casi di epilessia farmacoresistente.

Quello che abbiamo imparato in questi due anni di esperienza è che la dieta chetogena è una vera e propria medicina, ma una medicina del tutto speciale. Questo perchè quando il neurologo la prescrive non è in grado di specificare il dosaggio. Allora entra in campo il dietista, che stabilisce l’apporto di calorie, grassi, carboidrati e proteine giornaliere. Ma la medicina ancora non c’è. Perché la medicina si crea ai fornelli. E’ il cibo ad essere medicina, ma una medicina diversa da tutte le altre. Che richiede di mettere in gioco il tradizionale rapporto  ospedale/famiglia/paziente. E’ la stessa conoscenza che si redistribuisce. Ma come si devono trasformare i diversi ruoli?

Innanzitutto gli ospedali, che devono cambiare insieme alle esigenze delle famiglie. Il ricovero non è più il luogo dove si esaurisce la cura. I pazienti devono essere seguiti nelle loro case, nelle loro cucine. Devono essere messi a loro disposizione strumenti informatici per rendere per renderle autonome nella preparazione dei pasti. E serve soprattutto formazione per le famiglie.

Cambia poi il ruolo dei dietisti, che diventano figure centrali: devono essere specializzati e devono andare a formarsi all’estero dove c’è maggiore esperienza.

E infine cambia il ruolo di noi  famiglie, che possiamo e dobbiamo diventare parte attiva della cura. Dobbiamo farci un po’ scienziati, un po’ nutrizionisti, ma soprattutto cuochi. Perché è nella nostra cucina che il cibo si trasforma in medicina!

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10 cose da fare e da sapere all’inizio della dieta chetogena

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Cari amici,

in questi giorni di settembre ci sono tante famiglie che stanno iniziando la dieta chetogena per l’epilessia. Abbiamo pensato perciò di condividere con voi un piccolo vademecum delle cose da fare all’inizio della dieta. O meglio delle cose che sono state importanti per noi.

  • Ordinate uno strumento per misurare la chetonemia nel sangue con le relative striscette. Sarà utile anche quando siete in ospedale, se iniziate in ricovero. A questo link potete trovare quello della Menarini. Potete scrivergli o chiamarli per averlo gratuitamente

http://www.menarinidiagnostics.it/Pazienti

  • Procuratevi una buona bilancia, sarà la vostra compagna di viaggio. Qui sotto trovate il link a una buona bilancia, che misura i decimi di grammo e non si spegne durante la misurazione

http://www.trovaprezzi.it/Fprezzo_elettrodomestici-cucina_tanita_kd_321.aspx

  • Studiate tutto quello che c’è da leggere sulla dieta, confrontatevi con altri genitori con maggiore esperienza
  • Iniziate a studiare i cibi, la loro, composizione, quali sono i cibi più chetogenici. Studiate le etichette dei prodotti alimentari. Iniziate a costruire un vostro archivio dove raccogliete i valori nutritivi dei vari alimenti (calorie, grammi di grassi, proteine e carboidrati per 100 gr di un cibo). La cosiddetta “ratio” (es 2:1 oppure 3:1 o ancora 4:1) consiste nel rapporto tra i grassi e la               somma di carboidrati e proteine e cioè: GRASSI/(CARBOIDRATI+PROTEINE). Ad esempio, in una dieta 3:1, ogni pasto dovrà essere composto da 3 parti di grasso per ogni parte di carboidrati + proteine insieme. A questo link potete trovare i valori nutritivi dei prodotti freschi, gli altri li trovate direttamente    sulle etichette dei cibi confezionati

http://nut.entecra.it/646/tabelle_di_composizione_degli_alimenti.html

Vi tornerà utile segnare queste informazioni sul computer, noi utilizziamo un file excel

  • Chiedete al vostro dietista qual è il fabbisogno di vostro figlio. La quantità di calorie giornaliere, i grammi di grassi, proteine e carboidrati che deve assumere ogni giorno. E anche come distribuirli durante la giornata. Vi sarà chiaro così quante calorie, grammi di grassi, carboidrati e proteine dovrà prendere per ogni pasto.
  • Prendete precisi accordi con il vostro dietista. Decidete insieme come inviargli una relazione sull’andamento della dieta, e quando il dietista vi risponde con eventuali variazioni alla dieta. Noi ad esempio ci siamo organizzati cosi. Il lunedì mattina madiamo alla dietista una relazione sull’andamento della dieta (con la descrizione di quello che ha mangiato ogni giorno,la rilevazione della chetonemia, il diario di eventuali crisi). La dietista si impegna a risponderci nella stessa giornata del lunedi. In questo modo la dietista può “aggiustare il tiro” sulla base delle informazioni che noi le mandiamo.
  • Chiedete un numero di emergenza da chiamare in caso di necessità. Ad esempio per sapere cosa fare la prima volta che vostro figlio ha una influenza. Oppure le prime volte che vi trovate ad affrontare cose successivamente gestibili da soli (chetonemia troppo alta, rifiuto del cibo)
  • Informate amici, parenti e scuola che vostro figlio sta facendo questa dieta e rendeteli partecipi di questa grande avventura. Anche loro potranno imparare tante cose ed essere orgogliosi di aver contribuito alla cura di vostro figlio
  • Preparate la casa. Mettete pane, biscotti e altri cibi che vostro figlio potrebbe desiderare, nei ripiani più alti. Noi all’inizio abbiamo rinunciato a portare la pastasciutta in tavola per noi. Poi vedrete che non sarà più necessario perché vostro figlio diventerà il vostro primo alleato nella dieta
  • Prima dell’inizio della dieta, fatevi dare dal vostro dietista delle ricette e provate a prepararle; costruitevi una piccola scorta di piatti che pensate potranno piacere a vostro figlio


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Le risposte di Elizabet Neal / 3

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Ecco le ultime risposte  della Dottoressa Neal alle domande di KETOGOURMET, su alcuni aspetti nutrizionali molto importanti nella dieta chetogena.

Elizabeth Neal è autrice di uno dei più completi manuali sulla dieta, rivolto principalmente ai dietisti, ma di grande aiuto anche per le famiglie. (lo trovate qui: Libro Neal).

Neal

8) Nella dieta chetogena, c’è un bilanciamento ottimale tra grassi animali e vegetali?

I grassi consistono di molecole di acidi grassi, costituire da catene di atomi di carbonio; a seconda della struttura di queste catene, gli acidi grassi si dividono in saturi, monoinsaturi e polinsaturi. Gli acidi grassi saturi si ottengono da fonti animali, mentre i grassi estratti dai vegetali tendono ad essere insaturi; l’olio di oliva è la fonte primaria di grassi monoinsaturi.

Anche se il consumo massiccio di grassi saturi è stato associato ad un aumento del rischio di malattie cardiovascolari, non c’è un rapporto ideale tra grassi saturi e insaturi nella dieta chetogena, e noi raccomandiamo di includere nella dieta una varietà di fonti di grassi diversi.

Nei bambini che hanno livelli di grassi nel sangue troppo alti, analizziamo in dettaglio la dieta e, se possibile, sostituiamo una parte delle fonti di grassi animali con grassi di origine vegetale, per autare a regolarizzare i livelli metabolici.

9) Quanto importante è il ruolo degli acidi grassi essenziali nella dieta?

Gli acidi grassi essenziali sono necessari per la nostra salute, ma non possono essere prodotti dal corpo umano da nessun degli altri acidi grassi contenuti nella dieta. Ci sono due classi di acidi grassi essenziali: omega3 e omega-6. Entrambi hanno un ruolo sia nel mantenere equilibrata la crescita, che nello sviluppo, anche del cervello, e sono componenti importanti delle membrane cellulari del nostro corpo.

Le quantità e il rapporto tra omega-3 e omega-6 in una dieta sono importanti nel mantenere una salute ottimale. E’ largamente accettato che la dieta praticata nei paesi occidentali tenda ad essere troppo ricca in acidi grassi essenziali omega-6 rispetto agli omega-3, ed è proprio questo squilibrio che può aumentare il rischio di malattie cardiovascolari e di altro tipo.

Anche se non ci sono evidenze scientifiche che leghino l’assunzione di specifici acidi grassi essenziali direttamente al controllo delle crisi epilettiche durante una dieta chetogena, è importante assicurare un buon rapporto tra acidi grassi essenziali omega-3 e omega-6.

Questo risultato può essere raggiunto variando i tipi di olio usati nella dieta, e includendo cibi ricchi in omega-3 come pesci grassi, verdure a foglia verde scura, noci e semi.

10) E’ necessario avere in mente le qualità nutritive delle diverse proteine nella dieta, o tutte le proteine si equivalgono?

Le proteine sono macronutrienti formati da lunghe catene di aminoacidi. Gli esseri umani possono produrre solo la metà degli aminoacidi dei quali il loro corpo ha bisogno, mentre il resto (aminoacidi essenziali) deve essere fornito dalla dieta; per questa ragione la composizione degli amino acidi di una proteina è una parametro di primaria importanza nutrizionale; questo parametro si può definire il “valore” di una particolare proteina.

Una proteina con un alto valore biologico conterrà le quantità necessarie di tutti gli aminoacidi essenziali. Se un bambino segue una terapia chetogenica classica, la prescrizione della quantità di proteine sarà vicina al minimo necessario per assicurare una crescita sana, e dunque è importante considerare anche la qualità delle proteine.

Le fonti animali di proteine, per esempio carne, pesce, uova e formaggi, sono di un valore biologico più alto, e sono quindi molto importanti nella dieta.

Se un bambino non assume nessuna di queste fonti di proteine, è ancora possibile di coprire il fabbisogno di tutti gli aminoacidi essenziali, ma la quantità delle proteine prescritta dovrà essere maggiore, per tener conto delle differenze nella digestibilità e permettere di raggiungere le necessarie quantità di aminoacidi essenziali da una grande varietà di proteine vegetali.
Bisogna anche tenere conto dei contenuti in carboidrati di queste fonti proteiche vegetali, per esempio fagioli e piselli, che li può rendere difficili da includere in una dieta con una ratio chetogenica molto stretta.


GRAZIE a ELIZABETH NEAL da KETOGOURMET e da tutti coloro che ci seguono!



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Le risposte di Elizabet Neal / 2

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Continuano le risposte della Dottoressa Neal alle domande di KETOGOURMET; questa seconda serie è dedicata in particolare al ruolo delle famiglie e al rapporto con il dietista e il team medico.

Attualmente la Dottoressa Neal fa parte del team medico specialistico della clinica Matthew’s Friends di Lingfield, Surrey (Matthew’s Friends). Questo centro è uno dei pochi in Europa specializzato nelle terapie trattamenti chetogenici (tutti i tipi di diete sono seguiti), per l’età pediatrica ma anche per adolescenti e adulti.

Per scaricare una breve biografia di Elizabeth Neal, cliccate qui (Elizabeth Neal)

4) Nel rapporto con il dietista, di che tipo di sostegno hanno bisogno le famiglie?

Il dietista ha bisogno di essere regolarmente in contatto – via telefono o e-mail – con le famiglie tra una visita ambulatoriale e l’altra, in particolar modo durante le prime fasi della dieta;  le famiglie hanno invece bisogno della sicurezza di poter aver accesso a tutto il supporto del quale hanno bisogno, da parte del dietista o di altri membri del team medico.

Questo canale di comunicazione renderà facile l’individuazione dei problemi, e possibile incoraggiare e consigliare le famiglie, con piccoli trucchi per aiutare la gestione della dieta, nuove idee per le ricette e aiuto nella gestione delle piccole malattie che si possono presentare.

E’ essenziale che le famiglie e i dietisti lavorino assieme per assicurare la gestione ottimale della dieta chetogena. Le famiglie sono invitate a registrare le crisi epilettiche, i livelli di chetosi, il peso e ogni altro cambiamento significativo, per esempio nel comportamento, nonché l’uso di medicinali di emergenza o il cambio di attività.

I contatti regolari e una precisa e costante osservazione delle famiglie, metteranno in grado il dietista di elaborare l’appropriato fine-tuning della dieta.

5) Quanto importante è il ruolo delle famiglie nella dieta?

E’ basilare che le famiglie capiscano la necessità di osservare scrupolosamente tutte le restrizioni della dieta, prima ancora di far iniziare la terapia chetogenica al proprio figlio. Tutti i membri della famiglia e tutti quelli che assistono il paziente, devono essere motivati ad aiutare il bambino a seguire la dieta, in modo da dare al trattamento chetogenico la migliore possibilità di successo.

6) Quali sono le cose più importanti che una famiglia può fare prima di iniziare la dieta?

Per sfruttare nella maniera migliore il periodo di prova della dieta, è basilare che tutti i membri della famiglia si dedichino al successo della terapia.

Prima di iniziare la terapia alimentare, ognuno deve avere l’opportunità di chiarire le proprie aspettative, mettere in comune le sue preoccupazioni e le sue paure, e tutti devono essere sicuri di essere pronti ad iniziare la dieta.

Può succedere che nell’ambiente familiare o di lavoro ci siano delle complicazioni che rendono consigliabile di ritardare l’inizio della dieta, fino a che la famiglia si senta sicura di poter assumere la responsabilità di iniziare il trattamento.

La famiglia deve discutere con il team medico ogni tipo di difficoltà relativa al rapporto con il cibo, sia di tipo alimentare che comportamentale, poiché queste difficoltà possono rendere più complicato seguire la dieta, e dovrebbero essere trattate e risolte prima di iniziare la terapia chetogenica.

Prima di iniziare la terapia chetogenica è opportuno costruirsi scorte dei cibi che saranno più usati nella dieta, e provare a preparare delle ricette chetogene. Molte famiglie usano specifici programmi per computer per calcolare la dieta chetogena, in particolar modo una volta che la dieta si sia stabilizzata.

Una volta iniziata la dieta, raccomandiamo un minimo di tre mesi di trattamento, per avere il tempo sufficiente di costruire una prescrizione precisa e svolgere l’opportuno fine-tuning.

Trascorso questo periodo di tempo, se la dieta non dovesse avere effetto, le famiglie avranno almeno la certezza di aver fatto del loro meglio e potranno abbandonare la dieta e provare un diverso trattamento.

7) Quali sono le cose più importanti che una famiglia deve fare per mantere la dieta per un lungo periodo di tempo?

Ho già sottolineato l’importanza di annotare con precisione tutti i parametri della dieta; il monitoraggio costante e il confronto con il team chetogenico faranno sì che la prescrizione della dieta sia ottimale nel controllo delle crisi e sicura. Durante la dieta, sono essenziali le visite di controllo (ogni 3/6 mesi), che includeranno un set completo di analisi del sangue, per controllare diversi parametri biochimici e nutrizionali.

I bambini variano nella loro risposta ad una terapia chetogenica protratta nel tempo: alcuni saranno molto soddisfatti con poche e semplici ricette, altri avranno bisogno di maggiore varietà e creatività culinaria per rimanere costanti nell’accettare il trattamento. Molte famiglie trovano utile confrontarsi con i gruppi di supporto in rete, per scambiarsi idee e consigli pratici.


GRAZIE a ELIZABETH NEAL da KETOGOURMET e da tutti coloro che ci seguono!



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Aumentare l’apporto di Omega 3 con l’olio di colza!?! Ma non si metteva nel motore?

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Di ritorno dall’Inghilterra dopo la visita di controllo semestrale, ci mettiamo al lavoro per tradurre in ricette gli aggiustamenti della dieta: bisogna diminuire i grassi animali e bilanciare meglio gli acidi grassi.

L’indicazione è di usare un certo olio di semi, il “grapeseed oil”. “Ah certo, l’olio di vinacciolo: lo conosciamo, ci hanno già detto che è ottimo”. Appena tornati in Italia ci precipitiamo a comprarne una bottiglia al negozio biologico e, non contenti, ne ordiniamo altre due su Internet,  da un produttore che ne fa un tipo pressato a freddo.

Alla prima mail però si chiarisce l’equivoco: non era “grapeseed oil”, ma…. “rapeseed oil”! Ma che razza di olio è? Per fortuna basta digitare su Google traduttore per avere il risultato: OLIO DI COLZA!

Inizia una seconda frenetica ricerca: l’olio di colza non si trova da nessuna parte, neanche su Internet; addirittura sembra che l’olio di colza sia fuorilegge in Italia, che non possa essere usato come olio alimentare, ma solo come lubrificante nei motori!

Ma farà male? Leggi e rileggi, vengono fuori alcune notizie interessanti, che vogliamo condividere con voi.

L’olio di colza da noi ha una bruttissima fama, di oliaccio di pessima qualità, guardato con sdegno dagli estimatori dell’olio di oliva. Scopriamo che, in effetti, fino a qualche tempo fa, conteneva una sostanza, l’acido erucico, dannosa per l’organismo. Da qui il bando come olio alimentare in Italia.

Negli anni ’70 in Canada hanno però selezionato una nuova pianta di colza, priva di acido erucico, e hanno cominciato a produrre un olio particolare, il CANadian Oil Low in Acid, come a dire l’olio…CANOLA.

Ecco finalmente trovato l’olio di tante ricette americane, sul quale avevamo sempre sorvolato

Poi cerchiamo ancora e viene fuori che, soprattutto in Inghilterra e Germania, da alcuni anni il “nuovo” olio di colza, estratto dalla pianta priva di acido erucico, è stato riscoperto, anzi è diventato un super-olio, presentato come extra-vergine!

Guardate qua:

Just Rapeseed

Supernature

A questo punto ordiniamo anche noi la nostra dose di olio di colza…e vi diamo appuntamento con le nuove ricette del nostro Ketogourmet!

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E PER MERENDA? CAVOLI!images-1

Ma perché, tra tanti buoni olii, bisogna complicarsi la vita proprio con l’olio di colza?

Per rispondere, sono necessarie alcune informazioni su una categoria di molecole che avrete sicuramente già sentito nominare: gli acidi grassi essenziali. Non li avete mai sentiti nominare? Impossibile, ogni giorno siamo bombardati da pubblicità di cibi che contengono un’altissima percentuale di omega-3… ecco, sono loro!

In brevissimo, diciamo che gli acidi grassi essenziali (che cioè possiamo prendere solo dal cibo, perchè il nostro metabolismo non li può produrre da solo), sono molto importanti per una dieta corretta. In particolare è importante il rapporto tra omega-6 e omega-3; la dieta occidentale, soprattutto per la presenza di molti cibi industriali, ha un altissimo contenuto di omega-6, e uno scarso contenuto di omega-3, con rapporti anche di 20:1. In una dieta sana, il rapporto dovrebbe essere molto più basso (tipo 3 o 4:1).

Gli alimenti più ricchi di omega-3 sono i pesci “grassi” (salmone, sgombro etc.) e alcuni vegetali, in particolare le noci e i semi di lino, oltre ai cavoli….i cavoli? Ecco spiegato il mistero: la colza è della famiglia delle Brassicacee, cioè… dei cavoli!

Infatti l’olio di colza è un olio alimentare ad alto contenuto di omega-3, circa il 10% del totale; per fare dei paragoni, l’olio di oliva contiene poco più dell’1% di omega-3, mentre l’olio di lino stacca tutti con un poderoso 60%!

Quindi la maniera più rapida per integrare gli omega-3 nella dieta è di usare una piccola quantità giornaliera di olio di lino, da mescolare all’olio di oliva; l’olio di lino però è molto deperibile e non è adatto per cucinare (il cosidetto “punto di fumo” è appena sopra i 100°), e quindi serve un altro olio sempre ricco di omega-3 che sia adatto anche a cucinare.

Non lo conoscete? Ma è l’olio di colza! Rimane un dubbio atroce: ma sa davvero di cavolo? Vi confesso che, aprendo la prima bottiglia di “extra-virgin rapeseed oil” biologico e pressato a freddo, un certo odorino inconfondibile di broccoli mi ha colpito, ma forse ero suggestionato dalle scoperte sulla nuova pianta di colza….. In realtà, dopo aver cucinato diverse ricette, molte delle quali di torte, vi posso dire che la resa è ottima, e dopo la cottura non rimane nessuna traccia che possa legare la vostra gustosa tortina a un grande cavolo cappuccio!

Se volete documentarvi, qui ci sono due articoli sugli acidi grassi essenziali (EFA); il primo è preso dal sito della Matthew’s Friends, l’autrice è la Dottoressa Elisabeth Neal:

Healthy oils

Il secondo tratta degli EFA nella dieta vegetariana, ma contiene notizie comunque interessanti sul rapporto corretto tra omega-6 e omega-3:

EFA

images… un’ultima cosa: qualcuno di voi ha bisogno di due litri di olio di vinacciolo?Claim12Centrato